preloader

Sull’idoneità ed adeguatezza del Modello Organizzativo 231 (parte 2)

Dopo aver scritto, nell’intervento precedente, sull’idoneità e l’adeguatezza del Modello Organizzativo ex D.Lgs.231 dal punto di vista del sindacato di idoneità cui lo potrebbe sottoporre il giudice, ed aver fatto anche alcune valutazioni sulla struttura del Modello Organizzativo più opportuno, proviamo ora a vedere quali sono i contenuti minimi essenziali di un buon Modello Organizzativo.

Idoneità ed adeguatezza del Modello Organizzativo: contenuti minimi

Supponiamo di essere appena stati nominati membri di un Organismo di Vigilanza e di dover valutare, all’atto dell’insediamento, l’adeguatezza del Modello Organizzativo come previsto tra i compiti istituzionali dell’organismo di Vigilanza.

Quali domande ci poniamo, quali documenti e contenuti andiamo a cercare?

Ecco nel seguito la mia personalissima check list:

  • Esiste una mappatura dei rischi che non sia solo un elenco di reati applicabili, ma una chiara descrizione delle possibili modalità attuative e dei presidi organizzativi in atto al momento dell’analisi e di una gap analysis per un efficace presidio dei rischi?
  • Esiste un Codice Etico (che benchè non espressamente richiesto in nessun articolo di legge, è con certezza una best practice richiamata in tutte le Linee Guida)?
  • La Parte Generale del Modello Organizzativo è completa di sistema sanzionatorio e metodi di comunicazione e formazione del personale?
  • Nella Parte Generale del Modello Organizzativo (o in documento separato a volte detto ‘Statuto dell’Organismo di Vigilanza’) sono descritti ruolo e requisiti dell’Organismo di Vigilanza?
  • I flussi verso l’Organismo di Vigilanza sono solo quelli generici (indagini, richieste d’assistenza legale, ecc…) o sono previsti flussi specifici, calati sulla singola realtà aziendale, che permettono all’Organismo di Vigilanza di rimanere in ascolto attivo rispetto alle vicende dell’ente?

Ma soprattutto

  • Le Parti Speciali contengono protocolli puntuali per la prevenzione dei rischi individuati nell’analisi dei rischi e/o specifici rimandi alle procedure organizzative proprie dell’azienda o si limitano ad una serie di enunciazioni generiche sui comportamenti da tenere?

Protocolli e procedure all’interno del Modello Organizzativo

Questo è il punto essenziale ed il più delle volte carente (insieme ai flussi verso l’OdV) nei Modelli Organizzativi. Come se i ‘professionisti della 231’ non volessero (o non sapessero …) sporcarsi le mani con le regole organizzative spicciole.

E non è neppure sufficiente, come a volte si legge, rimandare in toto l’operatività di una Parte Speciale alla procedura X e alla procedura Y, senza:

  1. Chiedersi se dette procedure siano efficaci ai fini delle prevenzione dei rischi o se invece vadano irrobustite
  2. Indicare quali parti di queste procedure (che magari descrivono un intero processo aziendale) sono essenziali ai fini della prevenzione dei rischi 231 (perché il povero OdV mica dovrà verificare un’intera procedura che magari non ha alcuna rilevanza, se non in due o tre passaggi, rispetto ai rischi 231?)

E questo ci dà lo spunto per parlare, in un prossimo intervento, della differenza tra protocolli 231 e procedure. Differenza sostanziale, ma sconosciuta ai più ….

AUTORE

Consulente di organizzazione aziendale e sistemi di gestione dai primi anni ‘90, si occupa di Modelli Organizzativi ex D.Lgs.231 dal 2002. E’ presidente o membro permanente di Organismi di Vigilanza in numerose società, anche di rilevanza nazionale. E’ membro di numerosi Comitati Tecnici costituiti in seno alle principali Associazioni di Categoria e relatore a seminari e convegni di rilevanza nazionale.